Le Emoji, quei simboli pittografici che utilizziamo sui nostri cellulari soprattutto nelle conversazioni di Whatsapp, sono nate in Giappone alla fine degli anni ’90: la prima fu creata da Shigetaka Kurita tra il 1998 e il 1999. Composto da circa 172 simboli pittografici da 12 pixel per lato, il primo set fu utilizzato nel sistema nipponico i-mode, una specie di piattaforma web progettata per collegare i telefoni cellulari ad internet.
Origine delle Emoji
L’ispirazione di tutto ciò nasce dai manga, dai caratteri cinesi e dai segnali stradali.
La parola Emoji è il risultato della crasi di due parole giapponesi che significano “immagine” e “carattere scritto”.
Nella seconda metà degli anni 90, dopo essersi reso conto del successo delle faccine sul web –smiley-, il venticinquenne francese Nicolas Loufrani creò un dizionario di icone realizzate con i segni di punteggiatura.
Il linguaggio degli Emoticon e delle Emoji è quello che è cresciuto più velocemente nella storia. Dopo le prime icone ideate da Kurita, l’introduzione della tastiera con le icone sui dispositivi Apple ha segnato il loro successo: oggi sono disponibili oltre 1800 immagini.
Nel 2015, l’Emoji della faccia che ride è stata eletta parola dell’anno dall’Oxford Dictionary: oggi è la più utilizzata al mondo.
Nel corso degli anni sono diventate quasi 2000, e sono supervisionate e controllate dal Consurtium Unicoe, l’organizzazione di cui fanno parte Apple e Google.
Emoji come lingua universale
Le Emoji sono diventate una vera e propria lingua universale.
Su internet si collegano oltre 3 miliardi di persone, il 75% delle quali accede da un dispositivo mobile.
Negli Usa le Emoji sono finite addirittura su un cartellone pubblicitario. Nell’estate 2017 è uscito in America il film “Emoji-The Movie”. Anche le celebrità di Hollywood hanno intuito la portata di questo nuovo linguaggio e hanno iniziato a investire nella realizzazione di Emoji a loro immagine e somiglianza.
Diffuse in tutto il mondo, rispecchiano inoltre la cultura ed i valori del Paese che le utilizza e non è difficile che se ne creino ad hoc.
Nei Paesi Islamici sono state create con chador e hijab, i tradizionali veli femminili.
In Sudamerica, l’Emoji più utilizzata è la nota musicale; in Germania e in Australia il pollice alzato; in Italia invece su tutti c’è il cuore con le stelle.
Fraintendimenti
Il fatto che nel mondo non siano tutte uguali lascia numerosi fraintendimenti tra le diverse culture.
Il caso simbolo è quello delle mani giunte con i raggi sullo sfondo: ispirato alla cultura giapponese, non indica la preghiera, ma un gesto di ringraziamento, e infatti significa “Grazie”.
La faccina con la bocca simile a una parentesi graffa, non è un bacio, ma un fischio.
Emoticon ≠ Emoji
Emoticon e Emoji non sono sinonimi.
Con Emoticon si intende la rappresentazione tipografica di un viso, al quale è possibile far esprimere un’emozione sul display. L’Emoticon è il risultato della combinazione di segni di punteggiatura differenti 🙂
Sembra che le Emoticon nascano nel 1982, anno in cui l’informatico Scott Fahlman suggerì di utilizzare “:-)” e “:-(“ per distinguere, le battute dalle affermazioni. Il nome originale “Emotion icon”, si tramuta poi in “Emoticon”.
Emoji deriva invece da “E” e “Moji”, il cui significato letterale è pittogramma. Sono vere e proprie immagini che il computer tratta come lettere di una lingua non occidentale. Non vengono realizzate con i segni di punteggiature.
Non sono gli adesivi che attualmente si stanno diffondendo. Questi sono sviluppati per essere compatibili ed utilizzati solo sui Social Network.
Animoji, infine, sono delle emoji animate.
Per quanto possa sembrare assurdo, sono finite anche in tribunale. Negli Usa, un giudice ha scelto di non procedere contro un uomo che su Facebook aveva postato delle pistole puntate alla testa di un poliziotto; in Francia un uomo è stato incarcerato per 3 mesi per aver inviato l’Emoji della pistola alla sua ex fidanzata.
Curiosita’: “Emoji Dick”
Nel 2010, il programmatore americano Fred Benenson ha tradotto il classico della letteratura “Moby Dick” di Herman Melville nel linguaggio delle Emoji. Questa iniziativa, del tutto originale, era destinata a lasciare il segno: nel 2010, le Emoji non erano ancora diffuse in occidente. Solo tre anni dopo, “Emoji Dick” sarebbe entrato nella Biblioteca del Congresso di Washington.
LE KAOMOJI
Conosciute anche col nome di Emoticon giapponesi, le Kaomoji sono un mix di caratteri e punteggiatura combinati graficamente per mettere in risalto alcuni aspetti del volto rispetto ad altri.